Giovanni Verga

Omaggio a Chagall 

 

Installazione sonora site-specific 

Ideazione e composizione sonora: Giovanni Verga 

 

Direzione artistica: Antonio Trimani, Giovanni Verga 

 

Curatrice: Loredana Finicelli 

 

Consulenza e assistenza tecnica: Antonio Anzalone, Serenella Bozhanaj, Asia Dib, Chiara Faustini, Alessandra Flora, Noemi Materiale

 

 

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L’installazione si sviluppa lungo i tre livelli dell’ala destra dell’Accademia, sfruttando il vuoto verticale del pozzo della scala come spazio di risonanza e attraversamento. Nove violini, fluttuano nell’aria in equilibrio precario, evocando la leggerezza onirica delle figure sospese dei dipinti di Marc Chagall. 

Ogni violino è trasformato in una piccola “voce” viva: un trasduttore acustico è montato direttamente sul corpo del violino e genera vibrazioni udibili attivando lo strumento dall’interno. Il suono non proviene da altoparlanti convenzionali, ma dal corpo stesso dello strumento, come se fosse suonato da una presenza invisibile. 

Il materiale sonoro è composto appositamente per questo ensemble verticale. L’elemento compositivo guida è la spazializzazione ascendente del suono: le frequenze, i timbri e i gesti sonori si muovono dal basso verso l’alto, seguendo un’idea di levitazione sonora, di “salita” emotiva e simbolica. 

A questi nove punti sonori si affiancano sei altoparlanti disposti tra le rampe e i pianerottoli della scala. Il loro ruolo è quello di instaurare un dialogo immateriale con i violini, alternando momenti di presenza e assenza, di prossimità e distanza sonora. Gli altoparlanti introducono elementi vocali e ambientali, creando un paesaggio uditivo stratificato in continua trasformazione. 

 

Chagall è noto per la sua iconografia visionaria: figure che volano, animali che danzano, violini che levitano. Il violino, in particolare, è ricorrente nei suoi quadri, simbolo di malinconia, tradizione e spiritualità. Il progetto si ispira a questa poetica della leggerezza e dell’ibridazione fra corpo, suono e sogno. Come scrive Chagall: 

 

“Tutto ciò che ho da dire lo dico con un violino.” 

 

L’installazione traduce questo linguaggio pittorico in un’esperienza uditiva e spaziale, dove i violini non sono dipinti ma corpi sonori, sospesi tra cielo e terra. 

Attraverso l’uso dei trasduttori, il progetto riflette sul concetto di corpo risonante. La vibrazione attraversa il legno del violino e si diffonde nello spazio. Non si tratta solo di ascoltare un suono, ma di percepirne la sorgente come entità viva. Si produce così un’auralità incarnata, dove il suono diventa una soglia sensibile tra realtà e immaginazione. 

Il suono segue un percorso verticale, come un respiro che sale. Questa direzione è progettata attraverso la composizione elettroacustica spazializzata in modo dinamico: i violini sono trattati come punti di emissione distribuiti nello spazio architettonico. Il pozzo della scala diventa così una “partitura tridimensionale”. La verticalità sonora richiama anche concetti come l’ascesa spirituale o il volo metafisico, temi centrali in Chagall. In questo senso, il movimento del suono simula il volo delle figure chagalliane. 

Il pubblico non si trova di fronte a un palco, ma entra in uno spazio attraversabile. Il suono muta mentre si sale o si scende lungo la scala, offrendo un ascolto “democratico” differenziato in base alla posizione. L’installazione diventa così una scultura sonora abitabile, un ambiente che attiva una relazione con chi ascolta. 

In alcuni momenti, dagli altoparlanti emergono voci umane che recitano un testo tratto da un frammento autobiografico di Marc Chagall: 

 

"La mia anima è la mia patria. Vi posso entrare senza passaporto e mi sento a casa. Questa casa accoglie la mia tristezza e la mia solitudine, e non ha altre case intorno: furono distrutte durante la mia infanzia, i loro inquilini ora volano nell’aria, vivono nella mia anima." 

 

Il testo è stato registrato in diverse lingue, a testimoniare la pluralità di identità, memorie e culture che attraversano questo spazio sonoro.